L’ETICA COME VALORE IMPRENDITORIALE
La necessità di rivalutare il ruolo dell’impresa nella società italiana, assegnandogli il compito di produrre benessere per tutti
Di Giovanni P.A. Bonfiglio
In questo inizio di secolo, così violento e drammatico, mentre si spengono le certezze di una stagione che volge alla fine si affacciano prepotenti i dubbi di quella che deve arrivare, e questo in noi, che inevitabilmente abbiamo un passato da sovrapporre al presente, crea grandi problemi di identità. Io stesso, per esempio, non sono più sicuro di sapere che cosa voglia dire essere un imprenditore, cio’ nonostante resto un imprenditore. Però non mi è completamente chiaro se questo lo devo considerare un vanto oppure una colpa. In modo assolutamente innaturale confondo gli imprenditori con i padroni, creando nella mia mente una straordinaria confusione tra ciò che sono e ciò che non ho mai voluto essere. Credo che ciò dipenda dalla mia cultura e dalle mie esperienze, oppure semplicemente dal fatto che, molti anni or sono, lessi su un muro di Milano una scritta idiota che affermava : ”uccidere un padrone non è reato !” – Visto che l’Italia di quegli anni era piena di idioti che potevano prendere sul serio quel tipo di frasi, ho sempre pensato che i padroni fossero diventati imprenditori per non farsi identificare.
Ma io, che ho sempre voluto essere un imprenditore senza voler mai diventare un padrone, trovo che ci sia del tragico nell’operato di quei colleghi, che inseguono impossibili risparmi sui loro costi di produzione, senza domandarsi se le loro aziende non siano state tradite dal sogno del grande mercato mondiale che, con i suo meccanismi padronali, ha finito per travolgere le loro fragili strutture produttive. Il senso della tragedia aumenta quando ascoltando il loro punto di vista, ci rendiamo conto che, quasi sempre, identificano nelle regole del nostro vivere civile le “vere” ragioni del declino delle loro aziende.
Oggi si parla di paesi di nuova industrializzazione con costi di produzione molto bassi, senza parlare mai della realtà sociale di questi paesi; in molti di questi si pratica regolarmente la tortura, mentre in altri è ancora in vigore la pena di morte; in altri ancora avere più di un figlio è un reato ed i diritti dei lavoratori sono un lusso dei compagni occidentali. Competere a livello di costo con queste realtà, che non rispettano niente e nessuno, è di per se un’operazione folle. Tale operazione, se fosse perseguita a lungo, porterebbe le nostre imprese a ragionare come loro, quindi a distruggere quel patrimonio di regole civili che oggi fanno valutare le imprese italiane come un bene nazionale.
Per contro, se vogliamo fare impresa in questi paesi dobbiamo accettare le loro basi culturali, oppure accettare di chiudere gli occhi per non vedere. In questi luoghi, dove servono tecnici ed imprenditori, possono accettarci anche senza richiederci nessun’altra qualità che non sia la nostra specifica capacità tecnico-imprenditoriale; a trovare manodopera a basso costo che non protesterà mai ci penseranno i “padroni” locali. Bisogna solo capire se siamo disposti a considerare tutto questo normale senza farci delle domande scomode, come ad esempio : se le capacità tecniche possono diventare il punto di riferimento di un uomo fino a sostituire e/o a surrogare i suoi principi morali, oppure ancora, se le leggi economiche del mercato possono giustificare in altri luoghi, azioni che non sarebbero giustificabili a casa nostra.
Come imprenditori italiani dobbiamo comprendere che se vogliamo restare tali, dobbiamo operare in sintonia con la nostra cultura in ogni parte del modo. Perché se vogliamo davvero avere un futuro dobbiamo continuare ad assolvere il compito di produrre benessere a casa nostra, senza pensare di ridurre i costi di produzione attraverso idee così fuori dal tempo e dalla logica, che sembrano recuperate tra i fondi di magazzino di qualche nostalgico. Certo: dobbiamo trasformare le nostre imprese, riconvertire le nostre produzioni, creare dei nuovi collegamenti con il mondo della ricerca, modificare il rapporto con il mondo del credito. Sicuramente ci dobbiamo evolvere, però dobbiamo farlo senza mai rinunciare alla nostra base etica.
Per comprendere meglio il valore dell’etica nell’imprenditoria italiana, bisogna premettere che in Italia, come in qualsiasi altro paese democratico, il comportamento di un’impresa viene valutato anche sotto questo profilo dall’utenza finale. Questo è un aspetto che le aziende conoscono bene, ed infatti tra le richieste che maggiormente vengono fatte alle agenzie di pubblicità c’è proprio quella della nobilitazione del loro marchio aziendale. Ove infatti un’azienda dovesse palesemente operare ai limiti della legge, con un malcelato disprezzo per gli obblighi che sarebbe comunque costretta ad osservare, troverebbe una certa difficoltà nei rapporti continuativi con la propria clientela.
La riduzione dei costi di produzione è una fase importante della ristrutturazione del nostro sistema industriale, però può passare da vie diverse. Come imprenditori dobbiamo valutare quelle che comportano il minor costo sociale. Dobbiamo ridurre i costi “facendo sistema”, oppure attraverso il sostegno delle tecnologie strategiche che permetteranno lo sviluppo di nuovi settori, oppure ancora semplificando il rapporto con le istituzioni, ci sono mille modi per ridurre i costi che possono essere perseguiti lavorando insieme, senza per questo minimamente intaccare il contesto etico all’interno del quale l’impresa si deve muovere. Solo in questo modo l’impresa italiana può esigere di essere considerata un soggetto della società civile a cui viene demandato, per convenzione sociale, il compito di produrre benessere per tutti.